venerdì 22 giugno 2012

Memorie di una bevitrice di Estathè #12


Tutti possono sbagliare, ma non il tuo parrucchiere. Persino la Ferrero si è potuta permettere uno scivolone insapore con la messa in commercio dell'Estathè deteinato: una contraddizione in termini, un ossimoro, un'orrenda schifezza. Ma il tuo parrucchiere non può permetterselo. Lui non può sbagliare. E' la prima regola della sopravvivenza urbana.
Basta guardare la cresta di Balotelli per averne conferma.

Se avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo.
Ehi tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi una voce fuoricampo”.

Tagliatele la thèsta
Due giorni fa, il supermercato aveva finito l'Estathè. Con l'arrivo del caldo, tutti sono accorsi a sistemare le bottiglie in frigo, pensando di avere un rapporto speciale con il mio nettare meraviglioso ed io mi sono sentita tradita.
Ma come, Estathè? Proprio a me? Che non vivo nemmeno un giorno d'inverno senza di te?
Questo mi avrebbe dovuto far riflettere.
La giornata era cominciata sotto i peggiori auspici, non sarei dovuta andare dal parrucchiere di Oris. Io ho un cattivo rapporto con tutti i parrucchieri del mondo: i miei capelli non sono fatti per essere fonati e sistemati, si arrabbiano, si sentono artefatti e se la prendono con me.
Ma tutti possono sbagliare ed io ho sbagliato: ad andare dal parrucchiere in un giorno nefasto, a dare retta alle bizzarre scelte estetiche di Oris e a non scappare quando il suddetto ha cominciato a chiamarmi passerotto.
Vorrei che me li accorciassi...” gli ho detto.
Vorrei un carré, più corto dietro e più lungo davanti.”
Una cosa semplice, insomma, detta con i termini giusti, imparati sul campo. Perché si dice “carré”, non “caschetto”. L'ultima volta che ho detto ad un parrucchiere che volevo un “caschetto”, mi ha consigliato di andare dal barbiere di Nino D'Angelo, l'unico in Italia ad avere ancora il caschetto.
I parrucchieri non devono amare gli iris.
E non devono amare nemmeno l'Estathè.
Fatto sta che, mentre ero lì ad aspettare, ho visto Alice su una poltrona poco distante dalla mia: il brucaliffo le stava fonando i suoi boccoli d'oro con il fumo infinito del suo narghilè.
Oggi mi sono trasformata così tante volte che non so più chi sono...”, gli stava dicendo, ma lui non la ascoltava, era troppo concentrato sulle sue boccate di fumo e sulla sua filosofia.
E tu?”, ha detto lei a me. “Tu chi sei?”.
Non lo so ancora, Alice. Dipende da come mi taglieranno i capelli”, ho risposto.
Poi ho sentito che il mio parrucchiere chiamava qualcuno coniglietto e ho visto Alice farsi nervosa sul ticchettio di un orologio che le urlava il suo ritardo.
E' tardi, Bianconiglio, dobbiamo andare!”.
No, mi stanno facendo la cresta e credo che me la tingerò di biondo, come Balotelli.”
Proprio in quel momento, mi sono accorta che, alle forbici, c'era un tipo strano, uno con un cappello enorme che sorseggiava thé da molte tazze diverse: un mio simile, praticamente.
Poi, però, il negozio si è riempito di stregatti, gemelli sincronizzati, leprotti bisestili, capitan libecci e canterine maratonde ed io mi sono distratta così tanto da non far più caso ai miei capelli e alle urla spietate di una donna con un mazzo di carte in mano.
Tagliatele la testa! Tagliatele la testa!”
Quando ho sentito il rumore delle forbici che si chiudevano era troppo tardi, mi sono guardata nello specchio e ho detto “E chi è quella? Una catechista? Una zitella senza speranza chiusa in un romanzo di Jane Austen?”
Il brucaliffo stava pompando i capelli di Oris, mentre il mio sguardo si distruggeva.
Non ho letto il seguito, quindi non so cosa Alice trovò attraverso lo specchio, so solo che, mentre uscivo disperata da quel posto, con un fungo atomico sulla testa che non mi avrebbe fatto diventare né più alta né più bassa di quanto io non sia già, ho sentito una vocina leggera che mi ha detto:
Di solito io mi do degli ottimi consigli, ma raramente li seguo...”
Non avrei dovuto tagliarmi i capelli, vero?”
L'importante è che non hai perso le testa. Il resto si recupera.”
Sarà, ma intanto fa troppo caldo per un cappello, ci sono troppi concerti per non uscire di casa e bisogna fare le poste al camion dei rifornimenti del supermercato per accaparrarsi un goccio di Estathè.
E' una vita davvero difficile.
Per uno sparuto momento, mentre mi guardavo nello specchio enorme del mio armadio nuovo, ho pensato che se avessi bevuto una tazza di Estathè, brindando al mio non compleanno, mi sarebbero ricresciuti i capelli.
Impassabile”, mi ha detto la serratura della porta.
Vuoi dire impossibile?”
No: impassabile. Nulla è impossibile...”
In effetti, a guardarmi bene, sembro una rincoglionita che beve thé deteinato: una cosa che credevo davvero impossibile...

Mozzata, ma vostra,
Iris.

mercoledì 13 giugno 2012

hemerocharacter #Gibo.


Accordami i polsi.

Avevo i polsi scordati e non l'avevo capito.

Gibo dopo essere stato per ore fermo a fissare la libreria giunse a una conclusione: aveva i polsi scordati.
Avere i polsi scordati vuol dire essenzialmente:
  1. non avere nessun problema di natura fisica;
  2. non essersi trasformato in uno strumento musicale;
  3. avere solo un problema: non riuscire più a scrivere.

Questo è il punto. Gibo ha i polsi scordati, Gibo non riesce più a scrivere. Gibo ha bisogno di un accordatore, ma non lo trova.

L'accordatore per Gibo è sempre stato:
  1. uno strumento indispensabile;
  2. un oggetto troppo piccolo per non smarrirsi sotto la sua collezione di camicie a quadri, nel suo disordine, sotto il suo letto;
  3. una cosa che ha perso mesi fa e non trova più.

Gibo non suona più.
Gibo non scrive più.

Gibo ha evidentemente dei problemi al momento, e sono:
  1. che non scrive più;
  2. che non suona più.

Gibo riflette; guarda la libreria per ore e ammira gli Adelphi ordinati per sfumature di colore e pensa: come si accordano i polsi?
Ma i polsi si accordano facilmente?
Ma i polsi – alla fine di tutto – si accordano?

Gibo non è d'accordo col resto del gruppo, lo sa.
Forse essenzialmente è proprio questo il punto: non essere d'accordo.
E non si è d'accordo col resto della band come ci si può accordare?

Non ci si accorda, questo è il punto.

Gibo sente un formicolio alle mani.
Sono ferme.
Gibo sente una stretta ai polsi: non sono liberi. Gibo così non sa scrivere.
Questo è il punto.

Gibo alza gli occhi al soffitto e vede un ragno nero.
Il ragno ha una brutta vita, pensa Gibo.
Quel ragno tra poco morirà, pensa Gibo.
E gli tira una ciabatta, e il ragno muore.

Gibo si sente colpevole.
E per giunta, dopo aver ucciso il ragno, ha ancora i polsi scordati: uccidere ragni non aiuta a vivere, pensa Gibo.

Gibo pensa che uccidere i ragni non aiuti a vivere e lo appunta proprio così: uccidere i ragni non aiuta a vivere su un foglietto giallo, scritta nera, lo fissa sulla bacheca di sughero, con una puntina blu.

Ma Gibo ha ancora i polsi scordati.
Quindi pensa che neanche scrivere stronzate su foglietti gialli non aiuta:
  1. a vivere;
  2. ad accordare i polsi.

Gibo è davvero confuso. E non sa più come accordarsi i polsi.
Ma se li accorderà. Questo sì che lo sa.

Memorie di una bevitrice di Estathè #11


La settimana che si è appena conclusa ha visto uno dei miei record di consumo di Estathè: cinque bottiglie, che equivalgono a sette litri e mezzo (un'enormità per un caldo ancora più che sopportabile). Tutta colpa dei pensieri, del fatto che ho spostato la mia libreria, comprato e riempito un armadio nuovo (e quindi liberato e smontato il vecchio) e, soprattutto, pattinato in notturna per le strade di Roma, con tutte le conseguenze del caso...
Un esborso di forze che andava in qualche modo ripagato.

Se avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo.
Ehi tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi una voce fuoricampo”.

A-Thèam
Ho sempre pensato di possedere poche cose: non ho una casa, non ho una macchina, non ho un divano, non ho un aspirapolvere. O meglio, ho tutte queste cose, ma non sono mie.
Sono miei i libri e sono miei i vestiti, ma i libri non sono mai troppi (anche se, quando li sposti, maledici tutti quelli che non sono abbastanza meravigliosi da meritarsi il tuo mal di schiena) e i vestiti, beh: se vivi con Oris oppure Oris è tua sorella, le sue quarantasei paia di scarpe e le sue strabordanti ante dell'armadio nuovo, ti fanno sentire davvero poco abbiente, mentre le urli dietro: “Hai due ante in più, come diavolo è possibile che non c'entri nemmeno così?”.
Ho sbraitato contro di lei subito prima di dare una testata (in)volontaria al povero e scarno ripiano con i miei vestiti (“legge del contrappasso” secondo Oris, “solita sfiga” secondo me) e, subito dopo, mi sono ricordata dello zaino di George Clooney in “Up in the air”, il bagaglio leggero che lui consiglia di avere nella vita.
Bisogna portarsi dietro meno cose possibili.
Allora ho preso uno zaino, l'ho riempito di Estathè e sono andata a pattinare per le vie di Roma. Avevo già il fiatone quando mi si è affiancato un furgone GMC Vandura serie G e qualcuno mi ha tirato sopra.
Era Murdock, dell'A-Team.

Cos'hai dentro quello zaino?”
Una sorella, due genitori, un cane e due nonni. Quattro coinquilini, una dirimpettaia e un numero non ben precisato di amici. Poi ho un cacciavite e un finto volume della divina commedia in cui nascondo le cose. E infine mi porto dietro delle foto, un ginocchio sbucciato e tutto l'Estathé che posso...”
Un ginocchio sbucciato? Ma è vergognoso!”
Lo so, Capitano Murdock. Lo so.”
E' vergognoso che tu abbia sbucciato solo un ginocchio. E l'altro? Non soffre, al chiuso dell'epidermide?”
Spero di no...”
Deve essere stato questo zaino a sbilanciarti. Se non lo avessi avuto, saresti caduta per bene e adesso avresti due belle ferite simmetriche.”
La pensi come Clooney? Sono troppo pesante?”
Clooney ti ha detto che sei pesante?”
Non direttamente.”
Beh, Mr T dice che io sono scemo. Non devi far caso a queste cose...”
Ci proverò.”
Mi sono perso la mia squadra: Hannibal, Sberla, Barracus, tutti...”
E non ti senti leggero?”
No, mi sento tremendamente solo, tanto da raccattare una ragazzetta in pattini per strada per vedere se ha la mia squadra nel suo zainetto. Forse Mr T ha ragione a dire che sono scemo...”
Ti piace l'Estathè?”

Alla fine, io e Murdock siamo diventati amici ed abbiamo recuperato l'intero A-Team con un “piano ben riuscito”. Io ho infilato tutti loro nello zainetto e ho ricominciato a pattinare.
Sono caduta varie volte, sempre sullo stesso ginocchio, forse ha ragione Murdock a dire che c'è qualcosa che mi squilibra, ma non butterò lo zainetto per cavarmela meglio: io mi appesantirò ancora di più, voglio diventare obesa, oberata di cose, ripiena di persone.
Voglio che non mi bastino due ante dell'armadio.
Voglio riempire di roba persino i vuoti di Estathè.
Voglio pesare tantissimo.
Le persone tendono a dimenticarlo ma, in fisica, il peso è una forza e la pesantezza è l'unica maniera che abbiamo di volare leggeri.
E' per questo che Oris ha quarantasei paia di scarpe.
O almeno lo spero.

Iris.

venerdì 1 giugno 2012

Memorie di una bevitrice di Estathè #10


Contro ogni prospettiva, Maggio è finito. E' stato un mese terribile, come ogni anno, ma adesso è finito e si spera in un quieto inizio dell'estate. Anzi dell'Estathè. Non posso farci niente: questa sintassi da bere sta diventando eccitante, quasi quanto una malattia.
Come le patatine fritte.
Come la necessità incontrollata di avere sempre il letto rifatto.
Come la mia insana dipendenza dall'Estathè.

Se avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo.
Ehi tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi una voce fuoricampo”.

Metti una sera a cena da thè
La primavera è un momento di passaggio, ormonalmente parlando. Vivo e ho vissuto con un cospicuo numero di uomini, quasi fratelli, che mi ha permesso di sapere che, quando i cappotti, le sciarpe e i cappelli iniziano a volare via e lembi di polpacci, punte di piedi e spigoli di gomiti iniziano ad assaggiare l'aria calda della bella stagione, ogni uomo vive il risveglio della propria mascolinità.
Le donne, invece, preferirebbero non vedere unghie tagliate male, peli ascellari umidi e gocce di sudore che incorniciano le facce lesse dell'altro sesso: quindi la bella stagione incanala Marte e Venere in due galassie molto lontane.
Sono questi i momenti in cui Oris ed il suo gruppo di amiche singles (tutte meno una perché in qualsiasi buon gruppo di ascolto ci deve essere un punto di vista opposto per riequilibrare) accolgono nelle loro serate “Pollaio” anche gallinacce non tesserate, come me.

Mi chiamo Iris e sono circa diciannove minuti che non bevo Estathè...”
Ciao, Iris. Ti vorremmo dire che qui non siamo in un gruppo di recupero per drogati di teina e oltretutto sei poco credibile, visto che spunta una boccia di Estathé dalla tua borsa”
Scusate!”
No, non ti scusare. Piuttosto magna bella e ascolta donne più sagge di te”

Non posso riportare quanto udito in quelle stanze, un po' per rispetto del gruppo, un po' perché l'alcool era direttamente proporzionale al cibo, ma posso dirvi una cosa: le donne non parlano di uomini durante la bella stagione e, se ne parlano, il tono non è quello del desiderio. Sarà colpa delle ascelle pezzate, dell'infradito che non dona mai o dell'aria poco intelligente che l'ormone vorticoso dona all'interlocutore maschio, ma Carrie Bradshaw, nella realtà delle strade romane, non sussiste.

Quello che posso dire è che, in quella stanza, c'era un intruso.
Un intruso maschio, peloso e un po' sovrappeso, che, devo dirlo, non dava molto fastidio.
Ha miagolato solo una volta, ma la sua voce non ha mai smesso di narrare quella serata.

Iris, io ero il gatto di Bukowski, qua praticamente mi pare di stare in collegio...”
Ma, micio, tu parli?”
Non mi chiamo Michu, mi chiamo Pichu, come quello dei Pokémon”
Ma quello era un topino...”
Stai a scherzà? Pichu è un tipo elettrico che si evolve in Pikachu quando è felice. Come si suol dire: 'mica cazzi'?”
Pichu, sarai pure stato il gatto di Bukowski, ma sembri un bambino di dieci anni. Cosa direbbe il tuo precedente padrone se ti sentisse parlare così?”
Mi farebbe strafogare di cibo. Questa qua m'ha messo a dieta...”
E meno male che t'ha messo a dieta, sennò...”
Aò, Iris, ma alla fine chi ti conosce? Torna nel tuo che io torno nel mio. Non te lo voglio manco dire cosa avrebbe detto di te il buon Charles...”
Per tutto il resto della serata, Pichu è stato allungato per terra, in quella che la sua padrona chiama la “posa da magro”, mentre io imparavo un sacco di cose così grande che ho dovuto lasciare la bottiglia di Estathé per potermelo riportare a casa.
Pichu non ha dato fastidio, ma credo che abbia sudato davvero tanto per resistere alla tentazione di salire sul tavolo e strafogarsi con quanto vi era presente.
Insomma, si è trattenuto.
Il perché l'ho capito quando mi è stato detto che Pichu è castrato: quindi si posiziona esattamente a metà nello spazio che divide quei due pianeti opposti dalla bella stagione.
Questo è il motivo per cui, quando ho tirato fuori la bottiglia di Estathè, ne abbiamo dato anche un po' a lui.

Non so cosa ne avrebbe detto Bukowski e forse nemmeno mi interessa.
Quello che so è che maggio è finito, che il caldo rende l'Estathè freddo ancora migliore del solito e un gatto è stato la mia voce fuori campo per una sera grandemente illuminante.
Le amiche di Oris mi hanno reso parte del pollaio, anche se di solito pigolo in un'altra aia.

Così dovrebbe essere quando trema il tuo mondo.
Dovrebbe essere che arriva qualcuno e che ti invita a cena.
Maggio distrugge sempre tutto.
Lo stronzo c'ha pure 31 giorni, ma prima o poi finisce.

Iris.