lunedì 30 aprile 2012

hemerocharacter: Elsa pensa #1 (se ti cancello che mi lasci?)

Spegne la tv. 
Spegnere la tv è un gesto che le procura piacere. 
Piacere? Quale? Come? Dove? Perché? dov'è il piacere in questa vita? dove?
Non c'è. Punto. Elsa pensa che il piacere sia finito: sia finito in amore. sia finito sul lavoro. sia finito. punto. perché il piacere non è indefinito, ma appunto 'finito'. Punto. 
Finito (sussurra tra sé e sé dopo aver premuto il pulsante di spegnimento sul telecomando).
Si avvicina allo schermo. Ci si specchia: si guarda su quello specchio scuro e pensa. 
Elsa pensa che qualcosa non va. Non va più. Elsa non va più a lavoro felice. Elsa non va più dal parrucchiere e i suoi capelli neri e ricci ne avrebbero davvero bisogno. Invece sono un cespuglio, i capelli.
I capelli sono un cespuglio che copre i pensieri (neri pure quelli) che ci stanno sotto.
I pensieri stanno sotto i capelli, e sono nascosti (tu che i capelli non li hai dove nascondi i tuoi pensieri? Dove? Eppure non riesco più a capire cosa pensi, tu senza capelli che ti nascondono i pensieri).

Elsa pensa che questo divano sia da rassettare, come pure la cucina, la casa. Tutto. 
Come pure i pensieri, i pensieri e tutto.
La casa è lo specchio di chi ci abita, inutile specchiarsi nello schermo della tv per nascondersi il più delle cose, ché quello specchio non è, ché quello è uno specchio nero e sul nero poco si vede, e il nero sfina, e il nero è elegante e sta bene su tutto e con tutto. E tutto.

E tutto va strano.
Mica male, no. Non va male. 
Ma va strano.

Elsa pensa che il momento in cui si spegne la tv è un momento di potere.
Potere.
Poterlo fare.
Spegnere.
Spento.
Punto.
Posso.
Potere.

Posso potere.
Posso volere.
Voglio potere.
Voglio spegnere.
Vorrei spegnere l'amore.
L'amore, che parola è 'amore'. è desemantizzata quanto cazzo per quanto le riguarda, è sicuro una delle più usate. che cazzo di parola è 'amore'. 
Pum.
Spegnere amore.
Volere amore.
Non potere amore.
Non potere.
Spegnere.
Non si spegne.
Punto.
Non posso.
Non voglio?

Elsa pensa che vorrebbe avere un telecomando tra le mani per spegnerti subito. Spegnere l'idea che ha di te. Nella mente. Cancellarti. L'idea che ormai si è fatta, l'idea che forse da sempre si è fatta. Ma noi amiamo un'idea? Vorrebbe ritagliare, Elsa pensa, la tua figura dal suo mondo. 
Pum. Manca.
Poi mancheresti.
Mancherebbe la tua figura.
Come nei giochini con la carta quando ritagli lungo la linea.
Se ti ritagliasse lungo la linea, Elsa, cosa le resterebbe? Già lo sa: lo spazio vuoto (che è quello che ha sempre avuto in mano). Lo spazio vuoto. Punto. Lo spazio vuoto. Punto. Perché la figura se l'è presa qualcun altro. 
Qualcun altro s'è preso la figura.
E la userà a suo piacimento.
A suo piacimento.
Suo e suo.
Suo. Loro.
Elsa pensa che in fin dei conti se ne frega.
E forse può spegnere.
Potere.
Volere.
Amore... via.
(ma poi? se ti cancello che mi lasci?)


HD

Lettere di Compleanno #2



"Mi è stato chiesto di fare la conta
dei servizi segreti, delle
innominabili alture.
Del processo per il cui fine del processo
sistemi di convergenze mutano
distanze, e ore.

A chi è data in dono l'invasione delle cavallette?
Dov'è il nessun dove lì dove qualcuno si distende?
E i piedi che congelano, e le gazze ladre a fissare la brughiera,
a chi appartengono tutte le cose che avevamo ancora da finire?

All'ultimo ballo,
quello prima dell'accettare la promessa."



        buon compleanno.

domenica 29 aprile 2012

parole d’a***e randomizzate

io e te a tre metri dal water dove cercherò di vomitare conservanti in esubero e di (nascosto) riproporre l'universo fino ad ora ingoiato. mi terrai la testa a***e, ci rovineremo le scarpe coi ricordi dei nostri trascorsi etilici. nellospecificodeimiei. salvami dai trip lisergici con le pareti viola, dai tossici sotto al letto, dalle malattie (di) venere-e, dalle pretese di bulimia. prendiamoci cura di me con la perizia clinica del caso, controlliamo sotto le unghie che lo sporco sia quello giusto.
(r)umore di pioggia nell'a(r)ia limpida quando non ci resta che ridere le lacrime che ci regalano coi punti del todis. andiamo a rubare una baguette che poi ti cuci(n)o una pasta con le vongole se litighiamo in fase di concertazione per la turnistica dei morsi.

ecco bravo trasportami le borse nel (frat)tempo che ho voglia di correre un po' se-minando in giro il fiato.

Raccontare le cose

Metti una sera Marco Paolini

"Per raccontare le cose bene ci vuole fatica mentale, ci vogliono le idee, ci vuole il talento, ci vuole anche molta tecnica."

http://www.ilpost.it/amedeobalbi/2012/04/28/raccontare-le-cose/

venerdì 27 aprile 2012

hemerocharacter: i dolori del giovane welter#2



Lo scantinato puzza come sempre. Loro arrivano. Si cercano. Poi si evitano. Poi si guardano. Poi si odiano.
Scontro: è la parola che sono adesso. Scontro: è la parola che incarnano entrambi.
Distanza: è la parola che li separa. Impossibile: è la parola che inchioda i piedi al proprio posto. Ma questo è il posto in cui tutto ha un senso: tutto ha il senso che ha, e basta. Loro qui sono solo due dello scantinato e stasera vogliono menarsi.
Incontro: è la parola che li riavvicina.
Calogero: è il Cupido che lancia occhiate, depone le frecce che aveva scagliato, quasi si bagna gli occhi di lacrime ripensando a quello che ha fatto Marta. Ma non sapeva, Calogero.
Passi: è la parola che li tiene vicini.
Occhi: è la parola che li blocca.
Si guardano e si bloccano. Si guardano e tutto finisce. Si guardano e i dubbi svaniscono. Si guardano e iniziano a combattere.
Calcio: è la parola che li fa sfiorare.
Calogero tira un sospiro di sollievo. Calogero sorride alla sua umanità. Calogero smette di sentirsi un verme. Calogero è come un nonno buono per Marta. Calogero non vuole portarle danni.
Stretta: è la parola che li getta a terra.
Calogero li richiama: si alzano. Si salutano. Vanno agli angoli. Il giovane welter e Marta.
Angolo: è la parola che fa pensare.
Pensano a come ricominciare, impostano il Codex sulla modalità di combattimento più adatta. Si guardano. Respirano la puzza dello scantinato. Il giovane welter sputa a terra. Marta si lega i capelli. Ricominciano.
Gancio: è la parola che porta in vantaggio Marta.
Calogero è orgoglioso, nel combattimento della Future dell’impostazione neo-15, Marta è la più forte. Non ha rivali. Batte tutti, sempre. Calogero è maestro di Marta quanto del giovane welter. Il giovane welter lo sa, Marta lo sa.
Sconfitta: è la parola che il giovane welter non riesce a mandare giù.
Vittoria: è la parola che Marta assapora. Gusta. Mangia.
Si nutre di vittoria.
Il giovane welter si avvicina a Marta (hai vinto, le sussurra in un orecchio).
Marta muove il capo e fa sì. E va via e non dice niente.
Il giovane welter si siede a terra e pensa che in questa pagina non voleva starci, né tanto meno in questo blog. E pensa pure che la vita di personaggio sia crudele e splendida. Beffarda e squallida. Pensa che era una donna prima che diventasse un welter, pensa che era una donna, probabilmente un peso piuma prima di finire sul verde di questo blog. Quando le parole che lo inchiodavano fissavano il suo essere su una pagina bianca di file bianco di word. Ma che da personaggi si è precari, lo sapeva. Si è precari anche da personaggi in questo mondo liquido. E bisogna cambiare, cambiarsi. Il giovane welter è diventato il personaggio che doveva essere fin dall'inizio. È triste. Ma ora è. Ora è personaggio, perciò si alza da terra e va via. E voi, molto probabilmente, non risentirete mai più parlare di lui.



Addio: è la parola che vi separa.

HD

giovedì 26 aprile 2012

Lettere di compleanno #1.

"Gli uomini, non solo i bambini come lei ma anche i vecchi, 
hanno sempre bisogno di una donna che dica loro la verità.
Les hommes, ils sont impossibles!"
J.Baldwin _ La stanza di Giovanni



Caddi nell'oceano,
quando sei diventata mia moglie.
Rischiai tutto lottando contro il mare
così da avere una vita migliore.

Marie, tu sei il cielo azzurro e selvaggio
e per te gli uomini fanno gesti insensati.
Tramuti i re in mendicanti
e i mendicanti in re.

Fingiamo che tu non mi sia in debito di nulla
e tutto il mondo sarà verde
possiamo riportare in vita i vecchi giorni andati
e tutto il mondo sarà verde.

Il volto perdona lo specchio,
il verme perdona l'aratro.
Le domande implorano la risposta
potrai perdonarmi in qualche modo?

Forse quando la nostra storia sarà finita
ce ne andremo dove è sempre primavera
la band sta suonando di nuovo la nostra canzone
e tutto il mondo è verde.

La luna è d'un giallo argentato
e sono tante le cose che l'estate porta con sè.
E' un amore per cui uccideresti
e tutto il mondo è verde.

Lui mette in bilico un diamante
su un filo d'erba.
La rugiada si poserà sulle nostre lapidi
quando tutto il mondo sarà verde.

Fingiamo che tu non mi sia in debito di nulla
e tutto il mondo sarà verde
possiamo riportare in vita i vecchi giorni andati
e tutto il mondo sarà verde.

Tom Waits . All the World is Green


"Se c'è, in ogni essere amato, una parte del corpo che ti fa piangere a guardarla,
tali erano, per Joe, quei poveri, tristi, ossuti ginocchi di Sally Buck"
J.L.Helihy _ Un uomo da marciapiede

Memorie di una bevitrice di Estathè #5


Il primo picnic dell'anno è sempre meravigliosamente accolto: è il vero inizio della primavera, con i calzini sporchi d'erba e la birra che cade sul plaid (solo i professionisti hanno il plaid impermeabile, comme moi). E poi, il primo picnic dell'anno è la scusa perfetta per scolarsi una bella litrata d'Estathè, senza farne cadere nemmeno un goccio, né sui calzini, né sul plaid.

Se avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo.
Ehi tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi una voce fuoricampo”.

Mountain brick (si legge 'mauntenbraic')
I detrattori leghisti dicevano che avrebbe piovuto su Roma, sulla festa della Liberazione e sulla prima 'scampagnata' dell'anno e, invece, corcazzo: anche se la gente ha abbinato le canottiere con i moon boot (pure l'abbigliamento è precario in una generazione precaria) il sole ti batteva sulla collottola che era un piacere.
Eravam trecento, eravam giovani e forti anche se non ce n'eravamo accorti, quindi dopo un'oretta di tedesca, in salita, con il pallone un po' sgonfio e la porta che non sapevi né dove iniziava né dove finiva, ci siamo mangiati tutto quello che abbiamo trovato: capre, cavoli, cous cous e tramezzini (abbiamo risparmiato soltanto la spigolatrice di Sapri, ché quella, poverina, ha già tanti problemi per conto suo).
Il mio unico amico sportivo, chihuahua munito, ha convinto me, Oris e Paris ad andare a fare una passeggiata con lui, in mezzo al bosco.
Oris è mia sorella: quattro lettere di pigrizia assoluta che lei rivendica con orgoglio.
Paris è la mia amica con la Yaris.
Nessuna di noi muove mai un passo, quindi a forza di correre dietro al palestratissimo chihuahua del mio amico (che cercava di litigare con tutti i cani maschi che incontrava e di montarsi tutte le femmine -assolutamente incurante della loro taglia e razza, in entrambi i casi-), ci siamo ritrovate a non sapere nemmeno chi eravamo.
Iris, Oris e Paris portate con l'inganno in mezzo ad un bosco.
Sembrava l'inizio di una favola dai risvolti tragici.
Ma l'amico sportivo non voleva granché da noi, a parte parlare di felci, raccontarci la storia di tutti i ruderi che incontravamo e sostenere ardentemente che dovevo essere stata io (ero io Iris, credo) ad avergli rubato il suo cromosoma ipsilon, visto il mio amore per il calcio e il mio cameratismo con il fidanzato di Paris che mi ci faceva giocare.
Fatto sta che mi sono distratta ed ho bevuto un litro di Estathè.

Iris? Un litro di Estathè? Sei diventata pazza?”
Oris, non ti arrabbiare, sei tu che mi hai comprato i brick, lo sai che i brick sono la massima espressione terrena dell'Estathè...”
Non sono Oris, sono la voce della tua coscienza...”
La stessa che, da piccola, mi parlava da dietro il divano e mi spingeva a consegnare tutti i miei risparmi alla mia povera sorella Oris?”
Non so assolutamente di cosa tu stia parlando!”
Guarda che, ad un certo punto, l'ho capito che eri tu stessa a fare quella voce per intascarti i miei soldi. Mi hai creato un trauma profondissimo che io sono costretta a riempire di Estathé...”
Guarda che lo dico a mamma...”
Guarda che non abbiamo più dieci anni...”

Ma lei ha composto il numero, allora io ho urlato a Paris di braccarla, ma Paris (che non solo non sapeva più come si chiamava, ma pensava di poter trovare la via più breve per raggiungere il suo fidanzato grazie alle mappe dell'Iphone) non è stata di nessun aiuto, allora amico sportivo e chihuahua hanno distratto Oris con il finto avvistamento di una gelateria ed io l'ho fermata.
Siamo tornati a casa distrutti, così come doveva essere, sudati e stanchi come i bambini che si sfogano lontani dal controllo della mamma ed io ho convinto Oris che non berrò più tutto quell'Estathè.
Lei ci ha creduto, ma adesso ha iniziato a fare le tacche sulla bottiglia per controllarmi.
Grazieadio, Oris è l'anagramma di distrazione e la cosa non durerà perché la verità è che brick o non brick, Liberazione o Primo maggio, casa, parco o bosco, io lo bevo davvero un litro di Estathé al giorno. Ho misurato la capienza del mio bicchiere preferito per esserne sicura.
Non giudicatemi, moralisti degli zuccheri raffinati, ognuno ha le sue droghe.
Sono sicura che voi fumate, mangiate nutella e bevete caffè.
Io non faccio nessuna di queste tre cose.
E se non fumate, non mangiate nutella, non bevete caffè e non adorate l'Estathè, non capisco cosa stiate leggendo a fare le mie memorie perché sono quasi certa che, in questo caso, voi siate dei tristi leghisti. 

Iris. 




mercoledì 25 aprile 2012

Buchi neri e buio intergalattico


Io penso che gli uomini abbiamo il cervello a groviera, pieno di buchi.
Vi puzza l’immagine?
Allora, la mia esperienza dice, che gli uomini abbiano il cervello, e in particolare la sede relativa alla memoria, simile al suolo lunare: pieno di crateri.
Già meglio?
No, gli uomini al posto della memoria hanno enormi buchi neri.
Forse ne basta anche uno solo, che tanto ingloba tutto.
Ne vengono risucchiati compleanni, ricorrenze e anniversari…ma di questo ormai, ce ne siamo fatte una ragione; poi tutto quello che non è essenziale, come:
le sfumature dei colori,
i dettagli di un capo d’abbigliamento,
i tagli di capelli,
le coincidenze,
i collegamenti tra le cose,
tutto quello, insomma, di cui si  alimenta voracemente il cervello femminile.
Nel buco nero cadono anche:
appuntamenti dal dentista,
visite mediche,
scadenze fiscali,
eventi concordati da lunga data,
cioè da più di due giorni, e con un intervallo di tempo relativamente lungo (da una settimana ad alcuni mesi) tra l’annuncio e la loro realizzazione (leggi matrimoni, lauree, viaggi).
Tutto viene assorbito da questa voragine, di cui spesso, noi donne siamo vittime e che, come ogni buco nero che si rispetti, ci toglie anche luce, lasciandoci brancolare nel buio intergalattico.

Dunque Salsapariglia consiglia:
Mangiate tanto pesce, chili di noci e broccolo, per dessert solo frutti di bosco con zabaione e bevete secchiate di the verde che ha poteri antiossidanti e fa tanto bene alla memoria.
Fare i nodi ai fazzoletti è molto romantico, ma non serve a nulla se poi non vi ricordate perché avete un nodo al fazzoletto. Ci sono, ad esempio, i promemoria sul telefono  –  anche con l’avviso programmato –  ci sono le agende, le segretarie e i post-it, le partite a memory, come quando avevamo cinque anni.
Così magari noi non prendiamo un volo per rincorrervi nell’unico fine settimana in cui voi vi siete dimenticati di avere un impegno inderogabile. E quando ve ne ricordate – troppo tardi – ci pregate di cambiarlo.
È in questi momenti che noi sentiamo il buco nero avvicinarsi minaccioso, voglioso di tirarci dentro, assieme a tutta l’altra vostra accozzaglia mentale.



Versioni in prova

Canzoni infedelmente tradotte e rimaneggiate 
a cura di Marco Polo


Battete le vostre mani e dite YEAH! 
Sottacqua (io e te)



Alcune canzoni ci vedono prendere il largo, navigare verso confini stranieri, scalando le onde.
Un giorno, sai, riveleranno il tuo segreto. Sarò io quello a cui starai pensando quando il sole andrà a nascondersi tra le onde?

E allora andremo a sbattere sulla luna che se ne sta lì immobile, ci appenderemo al cielo come fosse un palloncino, rapiti dal motivetto patriottico intonato da un astronauta di passaggio. Compreremo una navicella e voleremo via, che nel frattempo magari avranno riscoperto la Terra.

Ci cuciremo addosso dei travestimenti troppo geniali oppure batteremo in ritirata in fondo all’oceano, che tanto siamo destinati a vivere le nostre vite sott’acqua, io e te.

Scapperemo sotto a un cielo viola, accorreranno le nuvole e la notte ci scivolerà addosso.
Mi sembri diversa adesso.
(O cielo!)

Sotto a una scia di luna che sembra non finire mai, non capiranno che ce ne siamo andati.
Ci siamo lasciati cadere giusto in tempo, giusto in tempo per non essere visti.

martedì 24 aprile 2012

liste bulimiche di parole aguzze

quando la nostra sociopatia ha deciso che non avevamo bisogno di lettere maiuscole. e l'utilizzo del congiuntivo è diventato un problema tecnicamente politico.
abbiamo chiuso in cassaforte parole a caso e deciso di comporre gli umori coniugando tutti i verbi alla prima persona plurale. abbiamo fatto fatica a sederci sui libri degli altri, perchè non ci prendiamo mai la mano e ci guardiamo sempre, con le code degli occhi.
e avrei voluto (dire)fare(baciarelettera)testamento ma ho deciso che non ne valeva la pena. questo in un universo in cui il revanscismo femminista è solo un'altra cir-conferenza di parole con un bel suono che nasconde bene il fatto che ho più paure degli altri. non saprò mai cosa c'era veramente nel gin tonic che ti ha reso in-fine logorroicamente stanco. poi mi hai chiesto di ecce bombo e degli orsi giocattolo che rovesciano birra moretti e io ti ho gua-r-dato di sott(ogli)ecchi ma ti avrei voluto dire che bevo solo peroni per questioni federali(ste).

useremo il compasso per disegnare ma io lascerò sui fabrianoA4chefannoprovinciacomegli883 le ditate di fondotinta.

lunedì 23 aprile 2012

Favole Minimali della Buonanotte



C'era una volta un uomo che amava dormire. Il lascito per i suoi figli è tutto nei sogni.
C'era una volta l'Eclittica.
C'era una volta una veste di croco. All'alba una donna usava indossarla.

C'erano una volta il Sotto ed il Sopra. Il Sotto era fango e palude, il Sopra era aria e cristallo. In mezzo era il pelo dell'acqua e la nebbia.

C'era una volta un uomo che ha avuto il coraggio.

C'era, una volta.

C.  Grigio

domenica 22 aprile 2012

Memorie di una bevitrice di Estathè #4


Non c'è niente di meglio che un paio di bicchieri di Estathè se vieni da una nottata turbolenta e la tua insolente iperattività ti ha obbligato ad alzarti presto. L'Estathè ti aiuta a ristabilirti, c'è poco da fare e da dire. Ho visto le migliori menti della mia generazione pensare di riprendersi con un bicchiere di acqua e zucchero. Baggianate.

Se avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo.
Ehi tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi una voce fuoricampo”.

Ma li morthè!
Prendiamo un giornata qualunque, un pomeriggio tipo passato con il proprio coinquilino alto, quello roscio che sembra De Gregori ma canta come un'aquila con l'ala spezzata. Inizialmente cantava come un'aquila e basta, poi io stessa gli ho spezzato l'ala, ma lui ha continuato... Non potendomela prendere con la rondine che balla di mattina presto nel cassettone della mia serranda, dovrò pure sfogarmi in qualche modo!
Prendiamo un amico del roscio che si è malauguratamente affidato a lui per farsi fare da guida spirituale in campo amoroso e chiamiamolo Frédéric Moreau, per rispetto della privacy.
Frédéric è single e vorrebbe rimorchiare e questo lo rende un caso tipo, non tanto il fatto che sia single, quanto il fatto che vorrebbe rimorchiare: volontà appartenente al 100% degli uomini italici, accoppiati o no.
Lui siede sul divano e il roscio gli canticchia le regole con piglio bohémien: “Frédéric...”, gli dice “ce devi provà co tutte, sempre e comunque, perché questo è l'unico modo di fare che garantisce una sicura riuscita!”.
Frédéric lo guarda sconvolto dal divano, poi guarda me che sto passando lì per caso, diretta in cucina a prendermi un bicchiere di Estathè.
Iris, l'hai mai provato l'Estathè con la vodka? Secondo me è un cocktail geniale. Cioè, io lo faccio pure co' i thé sottomarca, però ecco...”
L'unica volta che ho mischiato l'Estathè con qualcosa è stato in un momento buio della mia vita e l'ho mischiato con la passiflora. Non credo di dover aggiungere altro...”

Il 21 aprile del 2012, verso le cinque del pomeriggio, Iris Versicolor, sul punto di recarsi in cucina, venne fermata da due avventori casuali che cercarono di convincerla a fare qualcosa che lei non voleva. In lontananza, una nave era in partenza, la gente arrivava trafelata e i marinai non davano retta a nessuno...”
Sei tu Gustave? Non posso crederci che Flaubert si sia scomodato per me...”
Sono io, sono io. E invece chi sono 'sti due stronzi?”
Non lo so, non mi interessa più niente di niente....”
Mentre i bagagli venivano issati a bordo della nave, il baccano si scioglieva nel fischio vago e denso del vapore che sprigionandosi tra fogli di lamiera avvolgeva tutto in una nube biancastra, mentre la campana, a prua, non smetteva di rintoccare. Iris ne sembrava sconvolta e non smetteva di guardarsi intorno come se sentisse una voce nel gorgoglio lontano di quei rumori...”

Iris? Ma che stai a fa? Sembri pazza! Ma che senti le voci? Forse è colpa della tua iperattività cerebrale. Forse soffri di ipertiroidismo...”
Gustave?”
Gustave? Ma mo' chi è Gustave? Frédéric, corri in cucina a prendere l'Estathé...”

E' stato così che, in un pomeriggio qualunque, mi sono fatta convincere a bere un cocktail fatto con l'Estathè e a seguire una “Educazione sentimentale” molto meno poetica di quella scritta da Flaubert.
Ecco che cosa ho imparato.
Gli uomini non hanno la minima idea di come comportarsi con le donne.
Essi pensano che se il tuo sguardo li fissa mentre stai pensando che hai dimenticato di stendere la lavatrice, li stai guardando con gli occhi dell'amore.
Il loro atteggiamento è precario come un posto di lavoro: ti fanno fare uno stage non retribuito e poi dicono agli amici: “Ma li morthè! Me s'era appiccicata come una cozza...”.

Dopo tre vodka ed Estathè, ho capito che mescolare le cose, le persone o gli ambienti non è sempre sbagliato, soprattutto quando ho iniziato a vedere Gustave, seduto accanto a Frédéric, che parlava con lui di presunte immoralità e di bovarismo.
Poi, il roscio ha iniziato a cantare ed io gli ho spezzato anche l'altra ala.
Ho dovuto farlo.

Iris.

mercoledì 18 aprile 2012

hemerocharacter: il giovane welter



I dolori del giovane welter #1

Il giovane welter è solo con la sua rabbia e la puzza dello scantinato. E il vuoto. E il silenzio. E il nulla.
Lo scantinato è vasto, il giovane welter è incazzato. Prima ha incontrato Ada, ma non gli importa. Il test è andato bene, ma non conta niente.
Il giovane welter (al buio) fa luce solo tra i ricordi e ripassa gli insegnamenti di Calogero, o quello che si ricorda. Gli insegnamenti di Calò il Maestro: solo Calò è maestro.
Calò dice che c’è un tipo di pugno che è diretto. Se il giovane welter colpisce col pugno diretto, il giovane welter colpisce il viso, distendendo il braccio. Il giovane welter sa che la torsione della gamba è importante per sfruttare al meglio la potenza del braccio. Il giovane welter torce la gamba.
Se il giovane welter colpisce con un gancio, ruota la spalla, mantenendo il braccio piegato (a uncino).
Se il giovane welter colpisce con un montante, il giovane welter colpisce dal basso verso l’alto. Colpisce il mento. Vuole colpire il busto. L’addome. Il giovane welter colpisce il sacco (quello c’è ora).
Il giovane welter riattiva il Codex, attiva il Pro.Kick, seleziona l'ologramma di Marta. Il giovane welter inizia a picchiare, a fracassare le ossa inesistenti dell’ologramma di Marta.
Il giovane welter questa mattina ha pasato il test, forse col massimo dei voti: poco importa.
Il giovane welter rotea la testa, si sgranchisce braccia e gambe. Il giovane welter distende i muscoli. Il giovane welter respira, riflette. Urla.
Solo lui; il vuoto; il buio – la puzza dello scantinato - il Codex acceso; l’ologramma di Marta.
Il giovane welter pensa a un calcio da dare a Marta. Calò diceva che puoi dare calci a uno stronzo in tanti modi diversi. Il giovane welter non vorrebbe picchiarla davvero, Marta; ma per finta sì. Ma Marta non è neanche troppo stronza.
Il giovane welter spegne il Codex, allora. Non è l’ologramma di Marta che vorrebbe picchiare, ma l’ologramma del mondo.
È ancora solo, lui; il vuoto; il buio (la puzza dello scantinato).
Gli occhi di Marta, in testa.
Una lacrima. Gli uomini non piangono.
Il giovane welter è un uomo.
Il giovane welter non può piangere.
Il giovane welter smette di piangere e pensa ai calci. (Ne tira uno).
Al mondo, s'intende, intero (è logico, tutto).
Il giovane welter ricorda che questo tipo di calcio che ha appena sferrato all’aria si chiama 'mae gheri', si legge maigheri, glielo ricorda la voce roca di Calogero in un cassetto della memoria mezzo sepolto (a un certo punto non ci pensi mica più alle cose che fai, le fai e basta).
Colpisce con la punta del piede flessa: colpisce l’addome dell’avversario: che è il mondo: assesta un calcio al mondo all’altezza dell’equatore: il giovane welter smonta in due l’Africa: la spezza: la frantuma, assestando un altro colpo (un altro maigheri).
Poi pensa a un calcio circolare per colpire il mondo che è tondo. Pensa a un 'mawashi gari', si legge mawashigheri.Pensa a un calcio a uncino, per bloccare l’istante in cui tutto era perfetto. Lo sferra. Si chiama 'ura mawashi', si legge uramauashi.
Pensa a un calcio ad ascia, per tagliare il tempo: dividere il passato dal presente. Il calcio ad ascia, gli ricorda la voce roca di Calò nel cassetto quasi chiuso, si chiama 'kakato gari', si legge kakatogheri. Il giovane welter è incazzato col mondo.
Il giovane welter diventa un altro calcio a uncino, si chiama 'ura mawashi', si legge uramauashi. È un calcio, è tutto in quel calcio. È forte. Poi piange. Di nuovo.
Il giovane welter sa di occupare lo spazio sbagliato assegnato alla sua pedina nel gioco del mondo. Il giovane welter è profondamente arrabbiato col gioco del mondo.
Tanto vale smetterla, basta giocare.
Il giovane welter va a farsi una doccia.
Accende il Codex, si incuffia una canzone. L'acqua della doccia è freddissima.
Chiude l’acqua. Resta ad asciugarsi seduto per terra. Il mattonato freddo sotto il culo. La schiena che traballa ai suoi singhiozzi. Gocce d’acqua sulla pelle ambrata, come cupolette di vetro. Lacrime tra le ciglia: pezzi d'acqua che vogliono dire che qualcosa non va. Lacrime che tagliano come vetro.
Il giovane welter ripensa a Marta.
Va tutto bene, Marta, tutto bene (aveva detto).
Va tutto bene, un corno (vorrebbe dirle ora).

lunedì 16 aprile 2012

Memorie di una bevitrice di Estathè #3


Il lunedì è un giorno terribile e questo è il primo fatto. Il secondo fatto è che nessuna tisanina leggera ci aiuterà ad affrontare l'inizio di una settimana che, bene che ci vada, durerà altri cinque giorni di sole splendido. Il terzo fatto è che, quando arriverà il week end, pioverà. Quindi, non ha senso rilassarsi, cari amici drogati di bevande eccitanti, ha senso perdersi nella nostra dipendenza, disse una donna arruffata con un bicchiere di Estathè in mano.

Se avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo.
"Ehi tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi una voce fuoricampo”.

"Mannaggia la San Pellegrino” è una bestemmia?
Sto finendo il carburante, è ufficiale. Il mio serbatoio urla vendetta lampeggiando imperioso con una lucetta rossa sul cruscotto. So bene che devo mettermi in fila con gli altri, educatamente pronta a sborsare un sacco di soldi solo per poter continuare a muovermi per il mondo. Dannatissimi aumenti dei prezzi.
Quando sono arrivata a Roma, un quantitativo di anni fa che non ho alcuna voglia di contare, la benzina costava molto meno, cercavi casa strappando i numeri di telefono dai lampioni e gli autobus notturni non avevano la N davanti al numero.
Forse, eravamo tutti più svegli.
Forse, si stava meglio quando si stava peggio.
Forse, la dietrologia è una scienza esatta.
Il presente, però, è così prepotente che se togli una s e ci metti un pot è già di per se stesso contenuto nella sua stessa pre(s/pot)enza.
Quindi, sono in coda, molto più educatamente delle ottuagenarie che mi guardano con gli occhi da cagnolino bastonato e che faccio passare avanti nella fila, anche se hanno molto più tempo libero di me ed una pensione alla quale io non potrò mai aspirare.
Ecco, è arrivato il mio turno di fare il pieno.


"L'estathè era finito e lei avrebbe voluto ammazzarsi..."
"Cazzo, sì. Voglio ammazzarmi!"
"Era rimasta attonita di fronte agli scaffali delle bevande migliori, nel reparto più sexy del supermercato. Come avrebbe fatto a far partire la sua macchina, senza benzina?"
"Si, come farò?"
"A quel punto, dalla rabbia, lei divampò."
"Mi hanno detto che nessuno divampa, che non lo si deve mai scrivere, a meno che non si sta raccontando di quel programma terribile che fanno su Real Time e che si chiama 'Malattie imbarazzanti'. Lì, sì che la gente divampa..."
"Era così concentrata sull'assenza di una pur minima traccia di Estathé da poter leccare via da un ripiano che nemmeno si accorse che il thé della San Pellegrino era in offerta..."
"A parte che io non leccherei mai il thé da un ripiano (a meno che non sia il ripiano di casa mia sul quale il mio coinquilino più rincoglionito ha fatto cadere l'Estathé mentre se ne versava un bicchiere sotto i miei occhi attenti -pare che io metta un po' d'ansia-). E poi, soprattutto: la voce fuoricampo del Beltè non si può sentire! Ma che é? Pubblicità occulta?"
"Lei era un po' nervosa..."
"E basta con questa terza persona! T'ho sgamato, ormai..."
"... ed era veramente capace di trasmettere una certa ansia." 
"Senti, non lo voglio il Beltè. Mannaggia a te e alla San Pellegrino..."

Quando sono arrivata a Roma, l'Estathè costava almeno venti centesimi meno di adesso, il biglietto dell'autobus almeno un quindici per cento in meno e c'erano ancora due zeri consecutivi nel progressivo dell'annualità sul calendario.
Il tempo è passato inesorabile sulle nostre teste e piuttosto bastardo nelle nostre tasche, ma mi ha lasciato in dono un grandissimo punto fermo.
Da che ne ho memoria, l'Estathè non è mai stato in offerta. Mai.
E' come la cocaina, non ne ha bisogno.


Iris Versicolor

sabato 14 aprile 2012

Dream:on: un sogno costa quanto un caffè


Ehi, tu, lettore: cosa vuoi sognare stanotte? una pacifica chiacchierata con amici mentre sorseggi una tisana? o un lunedì mattina sul GRA?
Oggi puoi scegliere. Lo garantisce Dream:on.
Cos'è? Un'applicazione per smartphone recentemente pubblicata che, secondo i suoi ideatori, sarebbe in grado di influenzare la fase REM del sonno di chi la utilizza, aiutandolo a sognare ciò che preferisce.
Ti pare poco, lettore?
No, dico...
Sviluppata da Richard Wiseman, psicologo dell’Università di Hertfordshire, funziona in modo piuttosto semplice. Dopo averla installata si sceglie il proprio tipo di sogno (al momento ne sono disponibili una ventina al costo di € 0,79 l’uno) e si appoggia il telefonino in un angolo del letto, vicino alla propria testa (che è cosa che tutti sanno quanto faccia bene, eh)

Da quel momento l’applicazione inizierà a monitorare il sonno dell’utilizzatore attraverso i sensori di movimento dello smartphone: quando rileverà l’inizio della fase REM, farà partire un file audio associato al sogno scelto. (aridaje, tipo la questione della playlist).
Proprio la combinazione di suoni dovrebbe stimolare il cervello del dormiente a produrre il tipo di sogno desiderato.
Domanda:
ma funziona davvero? Per ora dicono che sia difficile dirlo.
Dettagli...
 Dream:on è anche un progetto di scienza distribuita su base volontaria e lo stesso Wiseman invita chi utilizzerà la sua app a scrivere una breve recensione dei sogni fatti. 
Sognare però pare costi quanto un caffè. Con Dream:on, naturalmente.


dall'Hemeroteca di Hemerocalle, naturalmente.

mercoledì 11 aprile 2012

Alla fine, fra tonnellate di carta da buttare via...

«Scrivi, ti prego. Due righe sole, almeno, anche se l’animo è sconvolto e i nervi non tengono più. Ma ogni giorno. A denti stretti, magari delle cretinate senza senso, ma scrivi. Lo scrivere è una delle più ridicole e patetiche nostre illusioni. Crediamo di fare cosa importante tracciando delle contorte linee nere sopra la carta bianca. Comunque, questo è il tuo mestiere, che non ti sei scelto tu ma ti è venuto dalla sorte, solo questa è la porta da cui, se mai, potrai trovare scampo. Scrivi, scrivi. Alla fine, fra tonnellate di carta da buttare via, una riga si potrà salvare. (Forse.)»


Dino Buzzati

martedì 10 aprile 2012

things I need to survive



Hemeroteca: come ti parcheggio lo scuolabus, io figlio di Chuck Norris


1. Mamma ho parcheggiato l'autobus.
Milton (USA) – Jeremy Wuitschick è il figlio di Chuck Norris.
Tredici anni. Agisce d'istinto. Salva i suoi compagni di viaggio. Jeremy Chuck Norris è a bordo di uno scuolabus insieme ad altri studenti. Improvvisamente l'autista ha un malore, sta per perdere i sensi. Jeremy Chuck Norris capisce che sta per perdere il controllo del mezzo: J. si spaventa? Sì, ma poco. 
J. si fa prendere dal panico? Neanche per sogno. 
Signori, il ragazzino, senza esitare, afferra il volante.
Parcheggia.
Tutti salvi.

E un suo compagno si mette a fare il massaggio cardiaco al povero autista colpito da malore, che verrà poi ricoverato.

Ma i ragazzi sono salvi.
Sono quindici. Quindici tredicenni e uno scuolabus.
J. ha salvato tutti. E bravo.

Il piccolo Chuck Norris-Bruce Willis-Mac Gyver evita quella che – come direbbe qualsiasi giornalista solo per il gusto di dirlo – poteva essere una strage.

Il guaio è che poteva esserlo davvero, ma che per una volta, ai bambini che erano sullo scuolabus, è capitato di viaggiare col figlio di decenni di scene d'azione assurde dei più imaginifici telefilm o film d'azione americani.
Gagliardo, il piccoletto.



2. Imaginifico

Vocabolario on line
imaginìfico (o immaginìfico) agg. e s. m. [comp. di immagine e -fico, coniato da A. M. Salvini come traduz. del gr. εἰδωλοποιός di Platone] (pl. m. -ci), letter. – Creatore d’immagini, riferito quasi esclus. a scrittore o a stile; come s. m., l’I. è stato detto G. D’Annunzio (che nel romanzo Il fuoco usa questo attributo a proposito di Stelio Effrena, personaggio in cui ha adombrato sé stesso).
Dice Treccani.

Dice Hemerocalle: come Stelio Effrena adombra d'Annunzio (si badi 'd'Annunzio' non 'D'Annunzio') ne Il fuoco, la parola imaginifico - che è parola bellissima - adombra il pezzo dell'hemeroteca e inaugura forse un altro spazio: HD di hemerocalle, parole ad alta definizione. 
Ma non è la definizione, poi, ad essere alta, ma la parola. 
Imaginifico, è parola altissima. Hemerocalle questo pensa, anzi ne è convinta.
Imaginifico è parola bellissima. Hemerocalle la segna e la userà appena vorrà e potrà.


Hemerocalle Dulcedo, HD.