martedì 22 maggio 2012

hemerocharacter #lostuniente

Tema: i vantaggi dell'ultimo banco. 
Svolgimento: incompiuto; rinvio; linguaggio destrutturato; non concluso. Inconscio. Surrealismo. Caricatura di Errico trasformato in puffo + vignetta: "io odio la poesia ermetica". Faccia di Virginia. Dimensione tragica; onirica; dionisiaca. Poesia anarchica. La tragedia dell'ultimo tedesco in Italia: si ipotizza Peppe Ratzinger. Gli occhi gorghi cangianti vividi di linfe oscure. Selvaggio: 1. un tizio apre la porta in maniera poco educata; 2. parola chiave. Genova. Non Sampdoria, per dire. Infinitamente occhiuta devastazione era la notte tirrena. La notte, non Arisa, per dire. Napoli/Juve: fischi. Il franco 'calciatore'. Senza esclamativi: com'è alto il dolore: cianfronia.

Fuori è bigio.
Mica grigio.


Maggio, maggio, maggio: m'aggio proprio scucciat'.
(io, invero, non lo direi così ma mi adeguo).


I dialetti non passano per osmosi, o forse sì, ma non in questo caso.


Campana.
Stai in Campana.


Caproni.
Gregge.
Moltitudine.
Appunti.



Vuoto. Il vuoto.
Com'è alto il dolore.
L'amore, com'è bestia.
Vuoto delle parole
che scavano nel vuoto vuoti
monumenti di vuoto. vuoto
del grano che già raggiunse
(nel sole) l'altezza del cuore.

Gli antistaminici.
La stagione degli ossimori.
Le tresche.

Il treno: la polvere.
Il binario: le strade già scelte.

Le stazioni: bisogna sempre fermarsi.

Gli esami: non finiscono mai.

HD


Memorie di una bevitrice di Estathè #9

Ogni tanto, due tisanisti si devono incontrare per il bene di tutta la banda e per il loro stesso bene. Poiché essi sono soliti riempire lo stivale italico a diverse altezze, questo incontro non è una cosa semplice da organizzare. Meno male che ieri, dopo un lungo peregrinare, Marco Polo è alfine giunto alla mia porta, con un milione di avventure da raccontare e con IL suo MILIONE di pagine da scrivere.

Se avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo.
Ehi tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi una voce fuoricampo”.

Un rapimento mistico e sensuale mi imprigiona a thè
Nel mio immaginario, Marco Polo è un uomo di mezza età, con la barbona incolta ed i capelli bianchi, con una specie di mutanda in testa a mo' di copricapo ed un mantello rosso fiammante. E' un grande esploratore, Marco Polo e vuole essere seduto sempre a destra, nell'estremo oriente delle conversazioni.
Nella realtà, Marco Polo è una giovane economista romantica, con un caschetto vinaccio e senza alcuna barba, non porta cappelli o mantelli, ma sono quasi certa che indossi le mutande. E' una grande esploratrice, Marco Polo e vuole essere seduta sempre a destra, nell'estremo nord-est delle conversazioni.

Voglio vederti danzare come i derviches tourneurs che girano sulle spine dorsali o al suono di cavigliere del Kathakali e poi ho fame...”
Piacere, Marco Polo, io sono Iris Versicolor”
Ti invito al viaggio in quel paese che ti somiglia tanto. I soli languidi dei suoi cieli annebbiati hanno per il mio spirito l'incanto e continuo ad avere fame...”
Marco Polo che mi sembri Battiato più che Marco Polo, andiamo in un ristorante. Qui vicino c'è un ristorante cinese...”
Ti muovi sulla destra poi sulla sinistra resti immobile sul centro provi a fare un giro su te stesso, un giro su te stesso e poi te ne vai pure un po' a fanculo, Iris Versicolor...”
Mah, Marco, cosa ti prende?”
Mi prende che mi piace citare in continuazione Battiato e mi prende che mi sono rotto di questa storia della Cina, dei ristoranti cinesi e dell'economia mondiale. Non è mica colpa mia se si sono spalancate le porte dell'Oriente. E poi mi prende che c'ho fame e non voglio sempre magna gati...
A parte che sei di Vicenza e si sa che...”
Sai che non mi stai tanto simpatica, Iris Versicolor.”
Forse questa cosa di vedersi tra i tisanisti non funziona.”
No, forse no. Non mi pare che abbiamo trovato punti comuni sui quali lavorare. Ero alfine giunta alla tua porta con le migliori intenzioni e con il libro del secolo stampato in mente, mi servivano solo delle forti braccia che lo digitassero...”
Beh, io ho delle forti braccia!”
E allora bando alla ciance, mangiamo qualcosa e mettiamoci al lavoro... Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza. Percorreremo assieme le vie che portano all'essenza.
Si, però basta con Battiato.”
Se non ti piace Battiato, non possiamo avere alcun rapporto.”
Battiato mi piace, ma non sopporto chi fa continue citazioni...”
Ti offro due involtini primavera e ci scordiamo di tutto? Però, solo se questo ristorante è vicino che non mi va di camminare...”
La Cina è sempre vicina, Marco. Ma prima devi dirmi se è vera questa storia dell'Estathé.”
La linea orizzontale ci spinge verso la materia, quella verticale verso lo spirito. Inneres Auge.

E' stato così che ho passato la mia serata con Marco Polo, cari amici tisanisti, per il mio bene e per il vostro e sono finita con la sua biografia tra le mani.
Non avrei mai pensato di scrivere una biografia, né di rubare il lavoro al pisano Rustichello, ma adesso ho un libro tra le mani: parla di una ragazza cresciuta in un vivaio, come una piantina in cattività, che non sa molto del mondo e che decide di mettersi in marcia per raggiungere, passo a passo, la saggezza, come il Palomar di Calvino.
Ad un certo punto, dopo un approfondito studio dell'economia mondiale applicato alle foglie di tutte le piante che non conosce, Marco Polo decide di esportare l'Estathè in Cina e diventa milionaria. Questo successo le dà l'idea di dettare la sua biografia ad una bevitrice di Estathè e di chiamarla “Il Milione”.
Come il Palomar di Calvino, anche Marco Polo non ha ancora raggiunto la saggezza ma sarebbe stata decisamente più felice se Battiato avesse deciso di scrivere una canzone sulla sua storia. Poiché questo non è avvenuto, il suo desiderio da groupie non è stato esaudito e lei ha iniziato a bere tantissimo.
Mi ha finito l'Estathé, fuori piove ed io non ho voglia di andare a comprarlo.
Adesso chiamo Battiato e gli chiedo se può andarci lui...

Iris.

lunedì 21 maggio 2012

Marco Polo chiacchierava con gli amici al bar

La vita è troppo breve per non essere italiani

“Io penso che ognuno di noi abbia dei doveri. Il momento nel quale uno abbandona il posto dove vive, dove lavora e l’abbandona di sua propria volontà -non perchè è costretto ad abbandonarlo- secondo me equivale a una diserzione. Ciò a dire che se in quel momento nel tuo Paese le cose vanno male, io credo che si abbia il dovere non di fuggire, ma di restare sul posto, di difendere con estrema coerenza le proprie idee e di non mollare mai, perchè altrimenti, andandosene via, lo spazio che noi lasciamo viene inevitabilmente coperto, occupato proprio da quello da cui noi stiamo scappando”
Andrea Camilleri

http://tv.wired.it/entertainment/2012/05/09/emigrare-o-resistere-scoprilo-nel-documentario-italy-love-it-or-leave-it.html *

Giorni intensi, giorni di Primavera. Giorni d'impegno, giorni di svago.
Capita che in Primavera le case vengano giù, le bombe esplodano davanti alle scuole, le pistole mirino alle ginocchia della gente voltata di spalle. Giorni di chiacchiere da bar, di banalità vere pure crude dure a morire.
Accade in questi giorni di Maggio che io pensi ai miei amici. I miei amici sono belli, i miei amici sono intelligenti, i miei amici sono volenterosi, i miei amici sono determinati.
I miei amici, sotto tanti fronti, sono disimpegnati. Ci sono tantissime cose che vorrei dire ai miei amici e, in alcuni momenti, se la gola mi sostiene, gliele vorrei proprio urlare.

Cari amici,
accade in questi giorni di Maggio che io vi senta parlare e che io non riesca ad associarvi a ciò che vi sento dire. Non riesco a collegare la bellezza dei vostri volti, l’acutezza delle vostre battute alle parole “Se finiamo ad occuparci di politica noi pischelli, non se ne esce più”. Amici belli, amici cari. Amici che mi piace che siete miei amici, perchè mi volete bene e vi voglio bene ed è bello avervi intorno. Anche l’economia ha un’anima, sarebbe vostro dovere studiarla. Ha un’anima animale come gli spiriti di Keynes, razionale come gli assiomi di Smith. Abbiamo passato cinque anni della nostra vita chini su una scienza sociale. I cui addendi e fattori non sono che le scelte degli individui. Scelte di persone. Amici cari, amici belli: le persone sono importanti. 
Anche l’economia ha una storia: interessatevene. Come ce l’hanno le monete e le banconote, i nomi che battezzano i modelli a noi tanto cari.
Amici, amici senza una pensione nel vostro futuro: il lavoro è una faccenda seria. Si conteggia in ore del nostro prezioso perchè scarsissimo tempo votate ad una causa, da scegliere con cura ed attenzione. Accompagnate questa scelta ad una serie di riflessioni sulla persona che vorreste essere.
Che lo so che non siamo liberi, perchè non siamo in condizione di scegliere. Ma fino a che punto non possiamo? E fino a che punto non stiamo scegliendo?
Rispetto il sudore della vostra fronte, amici, perchè ha lo stesso sapore amaro del mio. Vorrei abbracciare uno ad uno i vostri punti interrogativi, ricordarvi che siete anime bellissime e cervelli fini. Lo so perchè mi avete sempre ispirato tanto, che l'elevamento a potenza non mi basta per spiegarvelo.
Quando vedo che non ce ne frega niente di niente di niente elevato questo sì alla potenza ennesima, che nonostante l’abbattimento delle barriere informative siamo sempre più volontariamente disinformati, che avere vent'anni non significa essere un fuoco di passioni di cambiamento, che il tempo che abbiamo impiegato ad accumulare conoscenza non ha un valore di mercato, io vorrei gridarvi addosso fino a sgonfiarmi che le cose non cambiano mai da sole e che in fin dei conti siamo solo noi a cambiare.
E che andare a cucinare patatine fritte a Londra non è il modo migliore che mi viene in mente per costruirci un futuro.

Vi voglio bene amici.
Per sempre vostra, 
Marco Polo
*Il sottotitolo e la citazione e lo spunto di queste parole povere e poco brillanti ma tristemente sentite, sono tratti da un documentario bellissimo. Dura un'ora e 14 minuti ed è disponibile per un altro paio di settimane in streaming sul sito di Wired, al link sopra riportato.

lunedì 14 maggio 2012

Memorie di una bevitrice di Estathè #8


Ve la ricordate la foto di Coppi e Bartali che si passavano la borraccia in salita, sotto il caldo torrido di una gara in bianco e nero? Beh, nella mia interpretazione sentimentale dei fatti, quella borraccia conteneva Estathè. Certo, ci sarebbero voluti ancora vent'anni prima che l'Estathè fosse lanciato sul mercato, ma mi piace pensare che quel gesto di unione contenesse teina.

Se avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo.
Ehi tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi una voce fuoricampo”.

O' Trerrothè
Il ciclismo mi fa venire caldo, mi ricorda mio padre in canottiera, relegato in camera a guardare la fatica dei corridori in televisione e a sudare con loro sul copriletto di macramè che mia madre gli diceva di spostare, ma che lui lasciava intatto sul giaciglio: era una sacra sindone al contrario che non raccoglieva immagini su di sé, ma te le lasciava indelebili sul corpo.
Era il suo modo di soffrire con gli atleti, credo.
Oppure la sua innata pigrizia maschile.

A volte, io guardavo le gare con lui: mi sedevo per terra, facendomi spazio tra i tappeti sul parquet e mio padre mi fissava con sdegno, tipo a dire: “Ma che veramente tu sposti tutta quella roba? Siediti e suda sulla fibra indiana dello scendiletto! Devi sentire la fatica della competizione...”.
Ma la sua era solo una competizione con mia madre, credo.
Oppure con il suo elegante copriletto di macramé.

Da terra, io immaginavo il grande Pozzi e il famoso Girardoux di Stefano Benni che sfidavano Claudio Chiappucci e Marco Pantani, gli idoli di mio padre, ma il caldo mi faceva resistere poco tempo davanti alla televisione. 
Probabilmente, la mia passione per il ciclismo sarebbe durata di più se il principe azzurro del Giro d'Italia fosse arrivato in camera dei miei genitori, sgommando su un'Apecar di Estathé.

I' port' 'o trerrote”, avrebbe detto.
Io guido l'Ape Car”, avrebbe tradotto mio padre.
'O trerrote ra' piaggio”
L'Ape Car della Piaggio”
Me sceto 'e quatt''a matina...”
Mi alzo alle quattro del mattino...”
...e cocche vota pure''e quatt''e dieci”
... a volte mi sveglio più tardi.”

Mi avrebbe caricato dietro, in bilico su un perfetta montagna di Estathè e avremmo sfidato i promontori italici insieme, passandoci i brick come Coppi e Bartali con la borraccia.
Ero troppo piccola per avere la quantità giornaliera di Estathè necessaria al mio sostentamento, quindi i miei sogni romantici viravano più intorno a quello che alle principesse delle favole.
Ero certa che se avessero piazzato una cannuccia di Estathè al posto del pisello sotto i venti materassi della fiaba di Andersen, io non sarei riuscita a dormire e, non perché fossi una vera principessa, ma perché dove c'è una cannuccia c'è anche un brick e una tossicodipendente non se lo lascia di certo sfuggire.
Le fiabe e i ricordi sono a libera interpretazione.
E la mia, quella d'O' Trerrothé ha una chiusura da critica sociale: l'Apecar si ribalta e si scopre che era piena di cocomeri e non di Estathè. La principessa dei brick abbandona il principe Tony Tammaro al suo destino e molte macchine fanno lo stesso, rubando anche i cocomeri.

“I' port' 'o trerrote”, canta il principe disperato.
E mo' porto 'e stampelle”
“Ed ora sono bloccato in ospedale”
“Ma sé acchiappo 'a quillo che s'a' fottuto 'e meluni...”
“Ma se trovo l'autore del furto dei miei cocomeri...”
“... m'faccio ra''areto pure 'e scorze e sement!”
“...mi faccio restituire le bucce e i semi!”
“A' gente fanno tant''e signori...”
“La gente crede di essere per bene...”
“...e po' se fottono' 'e melun.”

Alla fine della fiera, credo che sniffare l'aria scaldata delle fibre indiane dei tappeti di mia madre mi abbia fatto avere le allucinazione perché, una volta, sul podio del Giro d'Italia, ci ho visto salire mio padre, avvolto nel copriletto di macramè, mentre mia madre gli sbraitava contro dallo scalino del terzo posto e Oris leggeva Cioè in bilico sul gradino del secondo arrivato.
Sono quasi certa di essermelo inventato, in una crisi di astinenza da teina.

Diciamoci la verità: a me l'Estathè, sponsor ufficiale del Giro d'Italia, m'ha salvato la vita.
Altrimenti, chissà dove sarei ad arrancare adesso...

Iris Versicolor.


domenica 13 maggio 2012

Lettere di Compleanno #3


Trascendere: significa che se sei nato tuono, nulla vieta che prima o poi ti sveglierai neve.
Coincidenze: è quando le cose che sono state, se fossero andate in modo differente, sarebbero avvenute comunque in egual modo.
Caso: significa che, vittime di altre circostanze, le cosa sarebbero state diversamente uguali, qualora fossero andate in modo non differente. In caso contrario, boh.
Regredire: ti ricorda che nulla è perduto per sempre.
Evoluzione: ti conferma che non tutto è perduto per sempre, ma qualcosa a volte sì. La bilancia deve tenersi pur in bilico, in qualche modo.
Beauty is Truth and Truth is Beauty: significa tutto quello che non può essere contraddetto non è altro che il bello allo stato più sublime.
"Questo ci rimane da ricordare": ma il rimanere implica una sottrazione, mentre il ricordo è sempre una somma. O forse no.

La nuvola fugge, il vento si quieta; Il pesce più grande ingoia il pesce più piccolo, eppure lo stagno non è mai vuoto.

venerdì 11 maggio 2012

instagram di trending topics che fa tanto popolo di facebook

sconfiggeremo la fame e le ipocondrie primaverili #maggiononèunmiraggio. Come Quando Fuori Piove e mi deprimo, coriandoli rosa sugli alberi e ansia di dover vivere che riposa negli angoli come i cani a cui abbiamo detto addio con l'anestesia. in macchina ad ascoltare canzoni che esalano infelicità, che un anno fa non è più questo maggio. si sta come carcerati in licenza #fafarafafafara. sentirsi vivi perché si è morti un po'. mutilata della speranza, mi restano le braccia di cui vergognarmi, e le gambe per correre più forte dei pensieri che ci morderanno i polpacci di cui ci siamo già vergognati abbastanza. #fotografiamolamialeggerezzaconlalomo distesi sulle radici degli alberi nodosi, con le foglie che ci riflettono addosso le ombre dei coriandoli impazziti, i sacchetti di plastica che volano in giro indifferenziatamente. #sciacqueremolaplasticaperquandotornerai. guarderemo i soli dalle finestre, lasceremo entrare l'aria calda e le grida dei palloni calciati contro le porte dei garage #lachiamavamoprimavera.

che poi l'abbraccio è una questione fisiologica come le scopate che ti fai senza di me e la merda che vola alta sotto il sole che ci lasciamo pedalando alle spalle.

mercoledì 9 maggio 2012

Favole Minimali della Geologia



C'era una volta Orogenesi. Era un fenomeno lungo e complesso. Poi venne il morso del vento e la sabbia di quarzo.

C'era una volta Pangea. Chi aveva parole per dire il suo nome chiamava
splendore.

C'era una volta una placca di terra. Affiorata dal mare, rimase immobile al centro del mondo e tutte le altre vagavano intorno.
    La placca non c'era, in realtà.
Può darsi. Oppure è sepolta sul fondo del mare, dov'è premuta ogni cosa usurpata.

C'era una volta la forza tellurica. Faceva tremare le case degli uomini e danneggiava sè stessa e ad ogni cosa incuteva timore. Ma scese per prima nel cuore del mondo.

C'era una volta un buco nei poli. E la terra era cava, una volta.


C. Grigio

martedì 8 maggio 2012

Memorie di una bevitrice di Estathè #7


E' passato un anno da quel giorno buio in cui la mia vicina di casa ha buttato la passiflora nel mio Estathè. Con quel gesto impulsivo e deplorevole, sperava di riuscire a calmarmi, ignorando completamente il fatto che un eccitante ed un calmante non vanno mescolati mai.
Un anniversario è un anniversario e, in quanto tale, va festeggiato.

Se avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo.
Ehi tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi una voce fuoricampo”.

La mia vita senza thè
L'inizio di maggio mette ansia, diciamoci la verità. Non che gli altri mesi siano meglio, ma quando inizia maggio, Oris stila una lista delle cose che possono succedere a me, a lei e a tutta la nostra famiglia perché sostiene che se ci deve succedere qualcosa di brutto, succederà a maggio e che le tragedie, elencandole, le esorcizzi.
Oris non è una persona molto affidabile e, di solito, le sue credenze sono illogiche ed irragionevoli: non ci appoggeresti dentro nemmeno i bicchieri sbeccati, però, in questo caso, ha terribilmente ragione.
Ogni anno, a maggio, cascate di Estathè irrorano il calendario, scavando giorni profondi come abissi: si beve per dimenticare, per sostenere il peso dell'ultimo mese di primavera e per festeggiare l'inizio di una nuova stagione perché ogni volta che si chiude una porta, già un altro stronzo è pronto a bussare.
Un anno fa, Chewbecca ha iniziato a perdere copiose ciocche di peli ed ha deciso di lasciarmi. Via mail. Nessuna “difesa Chewbecca” potrà mai scagionarlo dalla sua colpa, nemmeno se fosse il suo tricologo a pronunciarla.

Signorina, veniamo noi con questa mia addirvi una parola che scusate se sono poche ma sette cento mila lire; noi ci fanno specie che questanno c’è stato una grande morìa delle vacche come voi ben sapete.: questa moneta servono a che voi vi con l'insalata consolate dai dispiacere che avreta...”
I tuoi hanno speso anche i soldi per farti studiare. Complimenti.”
...”
E soprattutto, queste settecentomila lire me le potevi pure dare come buona uscita, visto che l'anello l'hai rivoluto e non mi hai fatto recapitare nemmeno una cassa di Estathè di scuse...”
...”
Oddio, ce ne sarebbero volute almeno settecentomila di casse di Estathé non mescolati con la passiflora per farti perdonare, ma questo è il guaio di perdere i capelli, che si perde pure la forza. Chiedi a Sansone, Chewbecca, lui te ne può raccontare delle belle...”
...”
Che dire? Mi mancherai. Mi mancheranno le nostre partite a Risiko, quando ti incazzavi se ti attaccavo e nemmeno il fatto che dovevo distruggere le tue armatine ti faceva smettere di urlare che il mio era un attacco alla tua persona. Mi mancherà il modo in cui prendevi a calci i cerchioni delle macchine degli altri perché non ce la facevi a fare manovra. Mi mancheranno le nostre discussioni sul marrone, che no cazzo, non è il colore che sta bene con tutto. Mi mancherà la tua autoironia e quel posacenere che hai spaccato a terra quella volta che ti ho detto che un tuo cortometraggio faceva cagare. Mi mancherai Chewbecca. Comprati un bel toupet.”
Salutandovi indistintamente i fratelli Caponi (che siamo noi i Fratelli Caponi)
Almeno hai parlato....”
...”
... e almeno, adesso, hai smesso di parlare.”

Lo so, lo so. E' una voce fuoricampo amara questa voce di inizio maggio: è nostalgica come una puntata di Beverly Hills, come le trecce che Sansone si faceva sciogliere al posto dei cavalli, come un ammanco di settecentomila lire vintage.
Ma stavolta, va così.
Non me ne abbiate: passo il mio tempo con Oris, a stilare liste su improbabili arche dell'alleanza che fulminano di netto la nostra famiglia, hotel del terrore che trasformano i padri in surreali “dull boy” e androidi che combattono contro le dichiarazioni dei redditi che fanno le madri.
Alla fine, a cinematografare la vita rischi di diventarci scema.
Meno male che ho il mio Estathè.
Lui, di certo, non mi lascerà mai.
E se dovesse farlo, sicuramente non me lo comunicherebbe via mail.

Amorevolmente vostra,
Iris.

domenica 6 maggio 2012

S.o.s libro


Mi chiedono aiuto:


Un libro per un neonato che non sa cos’è un libro.
Un libro per un bambino a cui piacciono i numeri, più che le parole. 
E per quello che deve imparare a farla sul vasino.
Un libro per il bambino appena adottato.
Un libro per la bambina senza mamma – e tra un po’ è la festa della mamma.
Un libro per la ragazza che sta scivolando in pensieri anoressici.
e i  genitori si stanno separando…
Un libro a caratteri grandi, per la nonna, che ci vede poco ma non si arrende.

Io tento di aiutarli, cerco nel database, nelle liste, negli scaffali, nella memoria, nell’immaginazione.
Ci si aggrappa alle pagine pur di non cadere nel vuoto, nell’assenza di risposte, nella solitudine.
Mi interrogo sul potere taumaturgico dei libri: serviranno davvero  le parole?
Non lo so, magari.
Ma nella speranza di trovare risposte, in questa illusione, leggendo, di sicuro ci sentiremo meno soli.




giovedì 3 maggio 2012

hemerocharacter: l'invasione degli ultratecnici #1

Uno stralcio di conversazione. 
Intervengono il sommo Maestro Monty e il maggiordomononsolomicamaggiordomo Cialda.

Il risveglio dell'ultratecnico.


Monty, Monty, Monty, svegliati!
Che vuoi? (fece lui sonnacchioso) E non chiamarmi per cognome, ohibò (disse con la solita calma).
Non arrabbiarti, Monty.
Non sono arrabbiato e poi ancora dormo, non avrei neanche le forze per... (neanche finiì di dirlo che...)
Non è vero Monty, tu hai sempre le forze.
Questo è vero, e anche diverse, e tutte d'accordo ma non chiamarmi per cognome (ribadì un po' seccato).
Ma Monty, se ti chiamassi per nome non saresti un Monty, il Monty, Monty, ma un Mario. Hai un nome troppo comune, un nome che ha tanta gente che paga le tasse. Anzi, colui che paga per eccellenza, quello che paga tutti i bollettini di tutte le pubblicità e gli annunci, quello che dona tutti gli anni l'8x1000, il 5xmille, unosumillecelafa, cantava Gianni Morandi e Mario Rossi pagava tutte le bollette e i bollettini e i cosixmille...

(qualcuno dovrebbe dire al maggiordomo Cialda che parla troppo...)

Smettila, smettila Cialda per favore. E Ripiegati un po' quelle orecchie che così sono troppo grosse.
Scusa Monty, ma queste mi hai dato. Almeno quando mi avete replicato, dico, non potevate farle meglio?
Che replica saresti stato altrimenti? E poi zitto! Zitto, ma vuoi che ti sentano?
Scusa, Monty e poi non preoccuparti, ci vorrebbero delle orecchie come le mie per sentire a questa distanza...

(qualcuno dovrebbe dire al maggiordomo Cialda che fa pessime battute).

Hai ragione, Elena dov'è?
Elena? In camera sua, non ha dormito neanche stanotte...
Quindi è ancora l'originale? Accipicchia, dovremmo fare qualcosa! Ma non dorme mai?
No, ha paura, ha fiutato qualcosa. Ha iniziato ad avere sospetti da quando le è caduta una lacrima...
Ah! La lagrima! Elena, Elena...
lo ha capito quando a noi non interessava niente e lei piangeva nel dire 'sacr...'
Sì, lo so. Donne, è furba, sai? Le altre si sono addormentate ma lei niente. Come faremo? Manca solo lei da sostituire, i neanderthitaliani potrebbero scoprirci.
Sono un popolo rozzo e primitivo, Maestro. Nessuno ci scoprirà! anche se Bondo... lo hanno subito chiamato 'ultratecnico'!
Culo, Cialda, culo, semplicemente culo, solo perché stava un gradino sopra noi. Ma non immaginano neppure, la verità.
Non so, non so. Monty ma il supremo capo Bondo scrive poesie?

(qualcuno dovrebbe dire al maggiordomo Cialda che fa domande stupide)

No, no: ma che dici? quello era un barbaro cosone che aveva Iperlosconi, un replicante che si era messo in testa di scrivere poesie e fare il ministro della cultura, un folle. Noi non abbiamo cosoni, noi abbiamo Ultratecnici. Noi siamo una specie avanzata. Quelli erano solo degli ortaggi da strapazzo...

(qualcuno dovrebbe spiegare a Cialda, maggiordomo e non solo, che invece Monty può parlare quanto vuole).

Ma, ma anche lui, dico... Sillo... era un cosone? 
No. Non lo era. Perché di notte non dormiva, diceva lui.
Ah, e che faceva?
Gare di burlesque, Cialda. Gare di burlesque...
E cos'è?
Lascia stare, vai a piegarti 'ste orecchie, dài!
… va bene, Monty. Ma … un'ultima cosa: ma quindi lui... lui... ha fatto quel casino che ha fatto perché... oddio! Ho detto 'casino', non diciamo 'ste parole! Una volta che ho detto 'e company' mi hanno fatto nero! Scusa, Monty, scusa!

(qualcuno dovrebbe dire a Cialda che è noioso)

Smettila, Cialda, va bene lo stesso: ho capito. Io sono un ultratecnico e sempre so, e capisco e posso. Sì, loro hanno fatto quel disastro perché erano dei semplici umani con delle emozioni. Noi no.

Aaaah! Maestro! Vado a prepararvi la vostra colazione. Vi ciberete anche stamani di vecchie dichiarazioni dei redditi fatte macerare nel pil?
Sì, Cialda. Ma portami anche due fette biscottate.  

convinzioni


mercoledì 2 maggio 2012

Memorie di una bevitrice di Estathè #6


Il termine 'meteoropatia' racchiude in se stesso tutti gli improperi, le rispostacce e gli sbalzi d'umore causati dalle variazioni improvvise della temperatura. I meteoropatici, di solito, bevono Estathè per mitigare la loro aggressività ed evitare di prendere a pugni il piumone, sempre troppo caldo o troppo freddo, inappropriato alle notti mai tiepide che la primavera regala ai romani.

Se avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo.
Ehi tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi una voce fuoricampo”.

Estathètris
Ogni meteoropatico accusa il suo disturbo prima che si verifichino realmente mutamenti delle condizioni climatiche: una sorta di sindrome pre-mestruale inspiegabile che fa strappare le pagine dell'agenda in cerca di una risposta.
Se non sono le mestruazioni, che diavolo può essere? E' colpa del fatto che la religione di Oris le impedisce di disfare la valigia? Oppure è colpa della fidanzata del roscio che ha osato dire che l'Estathè non è poi questo granché? (Canzonandomi con un'assonanza, oltretutto).
Pezzetta non può essere, lui pulisce il frigo e mi compra spesso l'Estathè. Lui è il mio coinquilino preferito.
E infatti, la sindrome è pre-climatica e il primo indiziato è il tempo che oscilla baldanzoso di dieci gradi in dieci gradi e rende nervoso perfino un santo.


Chi diavolo ha messo tutte queste bottiglie inutili dentro al frigorifero?”
Iris, calmati. Lo sai che con l'arrivo della bella stagione, finiscono in frigo molte più bottiglie del solito...”
Si, lo so. Non per questo la prenderò meglio. Dove me lo metto tutto questo Estathè?”
Sposta i pomodorini sopra la formaggiera e sistemalo lì...”
IO NON VOGLIO METTERE LA BOTTIGLIA IN ORIZZONTALE E POI TU, DI GRAZIA, CHI CAZZO SEI? IN QUALITA' DI COSA PARLI?”
Non avrebbe mai capito che prendersela con un povero frigorifero, non l'avrebbe aiutata a sistemare le cose...”
Ma che vuoi? Ognuno fa quel che può...”
Così, non sarebbe mai stata felice...”
Guarda che t'abbasso la temperatura, se non la smetti!”
Guarda che se mi abbassi la temperatura, ti si scalda l'Estathè. A proposito, quanto ci metti a infilare questa bottiglia? Stare con lo sportello aperto, mi turba. E meno male che dici di essere brava a giocare a tetris...”
Oris, quanto lo abbiamo pagato 'sto frigorifero?”
Quello che lui faceva per lei era impagabile. Se solo lei avesse provato a pensarci, lo avrebbe capito. Di quante cose delle sua vita poteva dire lo stesso?”
Cazzo, sembri l'oroscopo di Brezsny. In questo mondo, dove ti giri ti giri c'è gente che pontifica...”

Iris.”
Dimmi, Pezzetta.”
Ti vorrei dire che stai parlando da sola, con la testa dentro al frigorifero oppure stai parlando con il frigorifero, con una suola dentro la testa oppure stai parlando con la tua testa, mentre una suora è dentro al frigorifero.”
E infatti ci manca giusto una suora nel frigorifero. C'è troppa roba qua dentro, al mio Estathé manca l'aria...”
In quel momento, fu chiaro a tutti che Iris Versicolor non sarebbe mai stata felice...”
Senti, tu vaffanculo.”
Ce l'hai con me? Sei in sindrome pre-mestruale?”

Pezzetta non avrebbe capito quale ciclone stava per abbattersi su di lui, sulla casa, sul frigorifero e sui ripiani di tutta la cucina perché la 'meteoropatia' è un fenomeno infido.
Eppure ogni meteoropatico, anche (e soprattutto) inconsciamente, cerca di preparare il prossimo alla catastrofe umorale che sta per abbattersi su di lui, ma non ce la fa.
Nessun meteoropatico ce la fa.
Nessuna Iris.
Tanto meno io.
Dunque, arriverà una fase di crisi acuta che urlerà la sua disperazione nel bel mezzo di un mutamento climatico di qualche tipo e, angosciata come Janis Joplin, muoverà i suoi passi tra nervosismo e insonnia, iperattività e depressione, irritabilità e apatia.
Fiumi d'Estathé danzeranno eleganti nel mio esofago come temporali ventosi e umidi, mentre Pezzetta sistemerà in orizzontale tutte le bottiglie che non sono d'Estathè, anche i cartoni del latte, pur di fermare il ciclone in atto.
La pressione dell'aria sarà bassissima, ma la pressione su chiunque sarà elevatissima.
Per questo, la fidanzata del roscio, preoccupata di essere scelta come capro espiatorio, con la calma di un'attrice consumata, dirà:Avevi ragione, l'Estathè è proprio la bevanda per te!”. 
Con una rima al posto dell'assonanza.
Perché ci sono casi in cui una rima può salvarti la vita.


Iris.