venerdì 13 luglio 2012

hemeroca...caniente, hemerosaudade.

Hemerocalle non è hemerocalle da un po'. Qui nessuno - tranne un raro esempio - sembra più essere nessuno da parecchio.
è difficile essere una banda della tisana perché prima o poi la tisana ti finisce e allora poco si combina. 
è difficile essere una banda se nessuno suona.
è che si corre.
è che si lavora.
e quando si lavora hai poco da suonare.
è che sono momenti, ma poi torna la banda, torna la tisana, torna tutto.
è che - invece - quando manca la tisana e la banda non si vede, a volte, pensi, ... vorresti farti un sorso di tisana.
proprio adesso che manca.
vorresti stare nella banda.
proprio in questo momento.
vorresti uno strappo tra scadenze e doveri e pensi che non sarebbe male una pausa, adesso.


ti prende la saudade, hemerosaudade, che poi un po' forse ti prende tutti i giorni, e ritrovi una mail che avevi scritto prima di essere hemerocalle, e la rileggi ora che hemerocalle non sei tanto più.
la mail diceva pressapoco, anzi, diceva esattamente così:


era un mattino di aprile, confuso. 
si svegliò, trovandosi nel letto ma con forme mutate: non era più un aspirante giovane scrittore ma un baco da seta.
bacato, per giunta. 
si guardò allo specchio, poi lo aprì: ci trovò dentro Gerry col suo profilo pronunciato e due piatti sporchi di zabaione, addentò una fetta di torta di mele, ma le rimase un finocchio gratinato nella ferraglia dell'apparecchio, sorrise - da baco - e si chiese: pecché?

pecché sono diventata un baco dopo aver mangiato come un cinghiale grufolante e non peso invece come un elefante? pecché?

trascinando i pensieri setolosi da cinghiale si avvolse in una sciarpa di seta - ché il baco è notorio sia da seta - e si incamminò per strada, trascinando le sue forme bacate e pacate tra un ciottolo e l'altro. giunse al lago, si nascose dietro una carta d'argento e poi sentì uno strano odore: era vomito.
qualcuno aveva vomitato sulle rive del lago, e lei-baco c'era finita dentro.
si scrollò di dosso quella sostanza maleodorante e da un colore improbabile di cioccolato e mirtilli e si buttò nell'acqua per togliersi gli ultimi residui che erano rimasti attaccati alla sua sciarpa di seta.
di baco, da seta.
l'acqua pure bevve, aveva sete.
ma non si dissetò, anzi ne uscì disgustata ma non più bacata, non più baco. ne uscì Maestro, con un occhio dorato e uno annerito: quell'esperienza le aveva cambiato la vita, e forse ad essere scrupolosi anche il sesso.
Il maestro addentò una pizza che all'uopo un pizzaiolo nerboruto aveva appena sfornato da un albero di quelli lì sulla riva e sazio e fiero e bello e scultoreo si incamminò ancora, dirigendosi verso il bar Gonzaga cantando anouonouei 
al Gonzaga, dopo aver salutato il cameriere dai lineamenti femminei, il Maestro decise di tornare donna e chiedergli il numero di telefono ma si ritrovò solo un ovetto di cioccolato che si sciolse in una strana coloratissima, forse di pessimo gusto, borsaccia da zecca.
delusa, la donna. che fu maestro, che fu baco, che fu prima donna, tornò al lago. e si buttò nelle acque.
nuotò.
uscì da una porta di ferro e ruggine, con una strana insegna sopra.
si specchiò in una telecamera di sorveglianza e si vide nota musicale.
si posò su una panchina esausta e trovò un gancio seduto. il gancio dalle forme dubbiose le chiese: ohibò e tu da dove vieni?
dal lago, da dove se no?
io vengo da una salita ciclistica. ohibò. son stanco. son perso.
son stonata, io.
son dubbioso io.

erano noiosi, a dire il vero. e il gioco andava troppo per lunghe, così un baco - vero - che passava da quelle parti prese un palloncino e decise di darci un taglio, dopo aver stilato questa lista:
sente molto la mancanza della banda della tisana; dei ciottoli di mantova; del bagno con sottofondo musicale proveniente dall'accademia virgiliana; della torta di mele con zabaione dello stomp e della parmigiana; delle scale di legno cado-non cado; dell'imbarazzante rumore dei succhi gastrici a lezione; delle zanzare uccise da editor, scrittori, compagni della tisana; dei lombrichi giganti del lago, delle uova di cioccolato al lago, dei cigni giganti umani al lago: del lago; dell'apertura del cancello del residence; della puzza della sera delle fabbriche; dei racconti della bologna di cesare... 

ma un'altra trasferta, no? come scrisse qualcuno: "pecché?" 
e mo' basta, eh. a lavoro. si torna a lavoro.
 

e il baco tagliò il filo luminescente di perchédecorato (con cui si fa stoffa pregiata di dubbio gusto, però) e lasciò cadere il palloncino.

l'acqua cancellò la nota.
e il gancio interrogativo.

un petardo scoppiò lontano.
era un bambino con gli occhiali con la plastichina bianca, sorrise.

e una bambina mai nata respirò.


e tutto finì e un editor con l'apparecchio guardingo attraversò la strada e qualcuno gli travolse la suocera.


Vi abbraccio forte,
T.


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